lunedì, gennaio 21, 2008

La scienza economica come istituzione

"Economisti comparati":
Milton Friedman fra George Stigler e John Kenneth Galbraith
(nel fotomontaggio di
Mark Skousen)

Studi economici pro business o pro labour? L’eterna lotta per l’egemonia nel campo dell’educazione economica segna una nuova tappa. Questa volta ne è protagonista il presidente francese Sarkozy. Non basta che l’insegnamento universitario delle facoltà di economia sia già quasi completamente fondato sull’ “Economics” anglosassone (l’economia marginalista neoclassica) e sia nettamente orientato ad esaltare le virtù del mercato capitalistico: avanza prepotente la necessità di forgiare le giovani menti degli studenti (cittadini votanti al compimento del 18° anno) fin dal liceo. Possiamo considerarlo solo un problema di scontro politico fra sinistra e destra? No, la questione è più complicata. Un’educazione libera da tutele interessate, che dia agli allievi gli strumenti di base per l’analisi critica della realtà, dovrebbe presentare le diverse prospettive in modo comparato. Inoltre, la libertà di insegnamento dovrebbe essere sempre garantita contro le convenienze ideologiche dei governi. D’altra parte, sappiamo molto bene che un sistema culturale egemone non rinuncia facilmente alle proprie prerogative, nonostante le tante vie di aggiustamento e mediazione presenti in un sistema democratico, tanto più sul terreno della conoscenza economica. E’ in questione, in altri termini, la formazione delle griglie interpretative fondamentali usate dai cittadini per giudicare l’adeguatezza delle classi dirigenti, la condotta dei governi e – dettaglio non trascurabile – il proprio ruolo nella società.


Sarkò riscrive i manuali

“Più capitalismo al liceo”

Una commissione revisionerà i libri di economia troppo “à gauche”

Parlano solo di disoccupazione e incitano all’odio per le imprese”

di DOMENICO QUIRICO
CORRISPONDENTE DA PARIGI

Il progetto di riforma sta provocando
la rivolta dei professori


Vignetta dal titolo «diseguaglianza dei salari» seguito da un intrigante punto interrogativo: nella parte alta un tipo chic, soddisfatto evidentemente della vita, seduto nella poltrona di un aereo pigia, vispo, sui tasti di un computer. Una dicitura lo esplica come «quadro aziendale superiore in partenza per Rio in viaggio di affari». Nella canonica nuvoletta viene iscritto il suo pensiero: «Vediamo come vanno le mie stock options prima di arrivare a destinazione». Si deduce che vanno benissimo. A fianco un’altra vignetta: una ragazza in tuta pulisce la sala di attesa dell’aeroporto. Primo pensiero della faticatrice : «Dopo la fine del turno di lavoro devo ricordarmi di far convalidare la mia riduzione per il treno di banlieue». Seconda nuvoletta: «Bella mia! Piantala di sognare, non sei più in disoccupazione, adesso ti tocca il salario minimo». Contrasto un po’ schematico ma efficace. Infine un altro disegno, con il titolo «L’offerta e la domanda». Siamo dunque nei cuore stesso della scienza economica, fin dai tempi in cui Adam Smith si affaccendava a spiegare quali vantaggi ci offra la virtuosa avidità del fornaio e del birraio. L’esemplificazione è un diagramma che illustra il circuito della cocaina, dalla giungla colombiana fino ai consumatori finali negli Stati Uniti.

Pagine tratte da una edicola della Corea del Nord? Sono manifestini di propaganda del partito di Besancenot, il tèlé-Saint-Just dell’antimondialismo francese? No, sono due tra i più diffusi manuali di economia su cui sudano gli studenti dei licei francesi. Due esempi che offrono il gusto del taglio e degli umori prevalenti: di fiele. Si parla soprattutto di precarietà e disoccupazione, lo sciopero viene dipinto con toni dannunziani, i manager e i padroni delle aziende vengono invece tinteggiati come affamapopoli, nelle definizioni non si sprecano certo le nuances. Per esempio: «I responsabili dell’economia continuano a affermare che i progressi tecnologici portati dalla terza rivoluzione industriale avranno effetti positivi, ma questa teoria è una magra consolazione per la gran massa di lavoratori ridotti alla disoccupazione e al sotto impiego».

C’è chi si stupisce che con questo dressage scolastico le piazze del Paese non siano ancora tutte in perenne tumulto di barricate. Pensiero molesto, in una epoca in cui il presidente della Repubblica riserva alla produttività dell’economia uno smisurato bigottismo e fustiga il lavorare troppo fiacco dei suoi concittadini. Insomma questi libri di testo scolastici sono troppo gauchistes, troppo anticapitalisti e sessantottardi: si passi alla revisione. La invocano, e radicale, la destra e le imprese che sono certe di aver individuato lì la benzina con cui si alimenta la tendenza scioperistica e ribelle dei francesi. Ma i testi fanno arricciare i peli addosso anche all’ex primo ministro socialista Michel Rocard, che è stato arruolato da Nicolas Sarkozy in una commissione alla quale ha affidato il compito di riflettere sulla evoluzione del mestiere di insegnante. Per Rocard questi testi sono «una catastrofe ambulante», responsabili addirittura «della situazione di stallo in cui versa dialogo sociale in Francia» e «del fatto che l’azione pubblica sia ostacolata dalla assenza nella coscienza collettiva di idee del tipo: la gratuità non esiste, tutto ha un costo». Sommerso dalle lettere indignate degli insegnanti, l’ex primo ministro è stato costretto in seguito a fare marcia indietro nella forma ma persistendo comunque nelle sue idee.

Perché i professori dei licei nella polemica ribattono colpo su colpo; la associazione che li raggruppa, l’Apse, ha replicato con una staffilata: «Le scienze economiche servono a comprendere la società e non a far amare o a far detestare le imprese», aggiungendo che «i libri di testo non sono che uno dei supporti di insegnamento». Non basta a rassicurare i critici di queste impertinenze scolastiche. Così il ministro dell’Istruzione Xavier Darcos ha deciso di passare al setaccio tutti i manuali e i libri dì testi destinati agli allievi delle scuole francesi, la censura di correttezza capitalistica affidata a una commissione presieduta da un economista del Collège de France. Il sarkozismo comincia a riscrivere i libri di scuola?

La Stampa, 16.01.2008

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