martedì, marzo 31, 2009

Origini della crisi/ La finanziarizzazione dell'economia mondiale

[Foto di Asuransiprudential su Flickr]

Propongo un articolo particolarmente utile per capire gli aspetti finanziari della crisi economica mondiale. Siamo di fronte all'ultimo stadio di una rincorsa secolare che ha visto alla fine prevalere l'economia finanziaria sull'economia reale. La liberalizzazione dei flussi di capitale e la preminenza dei servizi finanziari (specialmente negli USA e in Gran Bretagna) hanno avuto una serie di effetti sul versante reale dell'economia, in relazione all'occupazione, ai consumi, alla produzione e alle strategie d'impresa. C'è da rilevare, tuttavia, il peso dell'egemonia culturale sottesa alla finanziarizzazione dell'economia, fondata sull'esclusione di qualsiasi intervento pubblico, sulla mistica del laissez-faire, sul brevissimo respiro delle scelte aziendali, orientate in modo prevalente a beneficiare azionisti e management.

Tornando alla crisi dovuta allo scoppio della bolla speculativa del mercato immobiliare americano e alla correlata proliferazione di titoli derivati inesigibili, occorre mettere in luce quanto viene invece spesso colpevolmente sottaciuto o dimenticato: bisogna infatti partire dall'analisi dell'economia reale, dai profondi disequilibri che hanno permeato negli ultimi 30 anni il mercato del lavoro nel modello capitalistico americano, se si vuole almeno tentare di capire le origini profonde della crisi in atto.

L'illusione di creare sviluppo tramite una vasta deregolazione del mercato del lavoro, concretizzatasi nella riduzione generalizzata dei salari per gli strati popolari, ha determinato - affinché il meccanismo della crescita dei consumi non si arrestasse - la necessità di drogare l'economia con il ricorso sistematico ai redditi da capitale (in un periodo di rialzi costanti degli indici azionari di borsa) e ai prestiti facili delle finanziarie, per far quadrare i bilanci delle famiglie e garantire loro un tenore di vita non dissimile da quello del passato. Alla fine l'organismo non ha retto alla somministrazione crescente del dopante finanziario.

Ma questa evidenza mette in seria discussione la validità concreta del modello americano (di quel tipo di capitalismo che è stato definito "anglosassone") e rischia di comprometterne in maniera definitiva l'egemonia culturale. E' lo stesso modello che alcuni autorevoli economisti, sulle colonne dei principali giornali italiani, continuano a proporre come l'unico in grado di aumentare ricchezza e benessere per la collettività. Mi chiedo: che differenza c'è fra la cieca adesione alle ideologie comuniste di un tempo e l'ottusa pretesa di reiterare una visione dell'economia che con la crisi americana è andata in pezzi?

Ronald Dore

A questo proposito e' utile leggere "Financialization of the Global Economy",*** scritto da Ronald Dore, celebre interprete controcorrente del successo nipponico degli anni '80 (cfr. l'ossimorico Flexible Rigidities).

E' un sociologo economico che utilizza i metodi di studio comparativi per analizzare i differenti capitalismi nazionali (significativo a questo proposito lo studio del 2000: Stock Market Capitalism, Welfare Capitalism: Japan and Germany versus the Anglo-Saxons, tradotto dal Mulino nel 2001 con il titolo Capitalismo della borsa o capitalismo del welfare?).

Per gli argomenti trattati e la metodologia scientifica applicata, possiamo senza dubbio collocare Ronald Dore all'interno della prospettiva istituzionalista.

Breve nota biografica
Ronal Dore è nato nel 1925 a Bournemouth (nel Dorset, sulla Manica). Imparò la lingua giapponese durante la Seconda guerra mondiale e al Paese del Sol Levante ha dedicato tanti anni di studio, a cominciare dal saggio "City Life in Japan" (1958), indagine sociologica su un quartiere di Tokyo. Un'analisi comparata del sistema industriale britannico e di quello giapponese è contenuta volume del 1973 British Factory/Japanese Factory. Due altri suoi libri, tradotti anche in italiano nelle edizioni Il Mulino, sono: Bisogna prendere il Giappone sul serio (1990), dove il nostro autore spiega il successo competitivo del Giappone nel dopoguerra come effetto dell'etica confuciana, e Il lavoro nel mondo che cambia (2005), una rilettura dei diversi modelli di capitalismo alla luce della globalizzazione, che riprende una serie di conferenze tenute presso l'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) di Ginevra [notizie tratte dal Sole 24 Ore, 21.03.2006, intervista a Dore sulla resilience giapponese].

Altre risorse
  • Una sintetica ma esaustiva presentazione degli studi di Dore è contenuta nella scheda a lui dedicata nel sito della Academy of International Business [in inglese].
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*** E' il testo completo, in lingua inglese, pubblicato sulla rivista Industrial and Corporate Change del dicembre 2008; la versione italiana è apparsa in contemporanea sulla rivista Stato e Mercato, dicembre 2008 con commenti di Barba Navaretti e Bragantini.

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