lunedì, dicembre 17, 2007

Anniversari incrociati: Gramsci e Veblen

Thorstein B. Veblen (1857-1929)

Quest'anno cadono gli anniversari di due grandi pensatori, Veblen (150° della nascita) e Gramsci (70° della morte). Gramsci cita l'economista americano nei suoi Quaderni del carcere, commentando un articolo scritto da Masoero, dedicato appunto al pensiero di Veblen. Il dirigente comunista si rende conto, sulla base della sintesi che ha potuto consultare, che alcuni concetti sviluppati da Veblen sono stati fraintesi nel libro La gioia del lavoro del socialista belga Henry De Man (oggetto della sua attenzione in questa parte dei Quaderni). In qualità di recluso nelle carceri fasciste, Gramsci è spesso costretto a ricorrere nei suoi lavori all'uso di fonti indirette, nonostante l'amico Sraffa si periti di fargli avere libri e riviste che lo tengano aggiornato. Grazie al saggio di Masoero (puntuale, come nota Foresti [1], nel dare conto dell'opera dell'economista americano), Gramsci riesce tuttavia a cogliere alcuni aspetti connotativi del pensiero vebleniano, come la concezione evolutiva dell'economia, il peculiare uso del concetto di “istinto” per spiegare l'innovazione tecnica nelle imprese (instinct of workmanship) e l'originale tentativo di ricorrere alle categorie dell'antropologia culturale per dare corpo ad una scienza della società concretamente fondata. La sua indicazione del positivismo quale matrice filosofica e metodologica del pensiero di Veblen è però errata: esso è debitore, come mostra Hodgson [2], di Kant e dei pragmatisti americani (James in primo luogo). L'incolpevole Gramsci intravede inoltre il darwinismo sociale di Spencer dietro l'evoluzionismo di Veblen: in realtà, le due concezioni evolutive sono non soltanto diverse, ma anche contrapposte, in rapporto all'oggetto della selezione: per Veblen, infatti, sono selezionati gli “oggetti sociali”, i “valori”, i “costumi”, le “idee”, ciò che costituisce la dimensione culturale e istituzionale di una società, mentre Spencer vede nel conflitto sociale l'occasione per sancire la vittoria dei gruppi e degli individui più forti (o più adatti) all'interno di una teorizzazione giustamente tacciata di razzismo. Veblen elabora il primo vero pensiero critico della società americana nel pieno della sua tumultuosa crescita capitalistica; Spencer, al contrario, giustifica il mantenimento di un sistema fondato sullo sfruttamento, le disuguaglianze e le discriminazioni in nome dell'efficienza. Questa forte impostazione critica del pensiero vebleniano ha indotto Gramsci a riconoscervi un'influenza marxiana. E' vero che Veblen conosceva l'opera di Marx e i successivi contributi dei marxisti, per esserne stato un attento recensore e critico, però ha sviluppato una teoria dell'economia non assimilabile all'impianto marxiano, data l'importanza che attribuisce alle istituzioni nel guidare le attività economiche (c'è dunque una sorta di rovesciamento dello schema causale struttura-sovrastruttura di Marx). Veblen, utilizzando un criterio classificatorio attuale, sarebbe in effetti considerato un radical, ma di genere non marxista. Nel passo di Gramsci che riportiamo qui di seguito, resta sullo sfondo il tema dell'ascesa della grande impresa fordista, con l'applicazione dei metodi tayloristici di organizzazione aziendale, la ricerca di una pianificazione della produzione e del consumo capace di risolvere le irrazionalità del mercato “autoregolato” (messe in evidenza dagli effetti devastanti della “grande depressione”) e il ruolo assunto dai tecnici nella gestione di questi cambiamenti, anche in rapporto alla politica: questioni aperte sulle quali si discuteva accanitamente tanto nel campo capitalista quanto in quello del comunismo sovietico (sul tema cfr. Salsano[3]).

Note:

  1. La relazione di Tiziana Foresti, Thorstein B. Veblen in Italia nella prima metà del Novecento: prospettive storiografiche, è stata presentata alla VIII Conferenza dell'AISPE (Associazione Italiana per la Storia del Pensiero Economico): “Economics and Institutions. Contributions from the History of Economics”, tenutasi all'Università di Palermo dal 30 settembre al 2 ottobre 2004. E' molto interessante perché mostra il tentativo di utilizzare Veblen per dare consistenza teorica al corporativismo fascista, attraverso una lettura distorta del suo pensiero.

  2. Geoffrey Hodgson dedica all'economia istituzionalista di Veblen l'intera Parte III del suo libro The Evolution of Institutional Economics. Agency, structure and Darwinism in American Institutionalism, London and New York: Routledge, 2004, che è probabilmente, ad oggi, lo studio contemporaneo più rilevante dedicato all'istituzionalismo americano.

  3. Ingegneri e politici. Dalla razionalizzazione alla «rivoluzione manageriale», Torino: Einaudi, 1987, raccoglie tre saggi nei quali Alfredo Salsano, attento studioso di Karl Polanyi, impegnato nel movimento anti-utilitarista fino alla sua prematura scomparsa, ha studiato il rapporto fra “razionalità” dei tecnici (o dei managers) e “razionalità” dei politici (o dei governi) che si è instaurato a partire dalla crisi mondiale degli anni '30 del Novecento: le posizioni dei planisti (come De Man), lo studio del ruolo esercitato dagli ingegneri nelle imprese (Veblen), la crescita di una classe di tecnocrati / burocrati (Rizzi e Burnham) sono i principali temi illustrati in questo breve ma denso libro.

Antonio Gramsci (1891-1937)

Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, Volume secondo, Quaderni 6-11 (1930-1933), edizione critica dell'Istituto Gramsci, a cura di Valentino Gerratana, Torino: Einaudi, 2007, pp. 880-81.


Henri De Man. Da un articolo di Arturo Masoero, Un americano non edonista (in «Economia» del febbraio 193 l) risulta che molte opinioni esposte dal H. De Man nella Gioia del lavoro e quindi anche in altri suoi libri, sono prese dalle teorie dell' economista americano Thorstein Veblen, che ha portato nella scienza economica alcuni principii sociologici del positivismo, specialmente di A. Comte e dello Spencer: il Veblen vuole specialmente introdurre l'evoluzionismo nella scienza economica. Così troviamo nel Veblen l'«instinct of workmanship», che il De Man chiama «istinto creatore». W. James nel 1890 aveva esposto la nozione di un istinto costruttivo («instinct of constructiveness») e già Voltaire parlava di un istinto meccanico. (Cfr questa grossolana concezione dell'«istinto» del De Man con ciò che scrive Marx sull'istinto delle api e su ciò che distingue l'uomo da questo istinto). Ma pare che il De Man abbia preso dal Veblen anche quella sua mirabolante e grossolana concezione di un «animismo» negli operai su cui tanto insiste nella Gioia del lavoro. Cosi il Masoero espone la concezione del Veblen: «Presso i primitivi l'interpretazione mitica cessa di essere un ostacolo e spesso diventa un aiuto per ciò che riguarda lo sviluppo della tecnica agricola e dell'allevamento. Non può che giovare, infatti, a questo sviluppo il considerare come dotati di anima o addirittura di caratteri divini le piante e gli animali, poiché da una simile considerazione derivano quelle cure, quelle attenzioni che possono portare ai miglioramenti tecnici e alle innovazioni. Una mentalità animista è invece decisamente contraria al progresso tecnico della manifattura, all'esplicarsi dell'istinto operaio sulla materia inerte. Cosi il Veblen spiega come, all'inizio dell'era neolitica, in Danimarca la tecnica agricola fosse già tanto avanzata mentre rimase nullo per lungo tempo lo sviluppo della tecnica manifatturiera. Attualmente l'istinto operaio, non più ostacolato dalla credenza nell'intervento di elementi provvidenziali e misteriosi, va unito a uno spirito positivo e consegue quei progressi nelle arti industriali, che sono propri dell'epoca moderna».

Il De Man avrebbe preso così dal Veblen l'idea di un «animismo operaio» che il Veblen crede esistito nell' età neolitica, ma non più oggi e l'avrebbe riscoperto nell'operaio moderno, con molta originalità.

È da notare, date queste origini spenceriane del De Man, la conseguenzialità del Croce che ha visto nel De Man un superatore del marxismo ecc. Tra Spencer e Freud, che ritorna ad una forma di sensismo più misterioso ancora di quello settecentesco, il De Man meritava proprio di essere esaltato dal Croce e di vedersi proposto allo studio degli italiani intelligenti. Del Veblen è annunziata la traduzione in italiano per iniziativa dell'on. Bottai. In ogni modo in questo articolo del Masoero si trova in nota la bibliografia essenziale. Nel Veblen si può osservare, come appare dall'articolo, un certo influsso del marxismo. Il Veblen mi pare che abbia avuto anche influsso nelle teorizzazioni del Ford.

2 commenti:

  1. Molto interessante il tuo blog. Abbiamo un'interesse comune con Polanyi, Salsano, l'economia istituzionale.
    paolofanelli@freehtml.it
    Pesaro
    socioinformatica.blogspot.com

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  2. Mi fa molto piacere sapere che sui temi dell'economia eterodossa si stia lavorando anche nella logica del Web 2.0. Visiterò senz'altro il tuo blog.
    Ciao, e grazie per il tuo lusinghiero giudizio.

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